Che bruchi incontro nei mesi freddi? (2a parte)

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Brithys crini
Bruco al 5° stadio di Brithys crini

Nella prima parte di questo articolo avevo iniziato una rassegna dei bruchi che più comunemente si possono incontrare dopo l’estate, a partire da quelli più evidenti in fatto di dimensioni. Proseguo qui a citarne altre, pur sapendo che certamente ne avrò tralasciate diverse, soprattutto nel caso di famiglie con un gran numero di specie, per le quali si arriverebbe a dover scrivere un articolo a parte.

Bruchi di falene Noctuidae

Questa famiglia di Lepidotteri è una delle più ricche di specie nel mondo (quasi 12.000!) e comprende tante falene di piccole e medie dimensioni chiamate genericamente nottue. Spesso si tratta di bruchi glabri o scarsamente pelosi (ma con clamorose eccezioni, come la già citata Acronicta rumicis nella prima parte di questo articolo), di colorazione talora molto variabile e spesso abbastanza polifagi, per la felicità di tanti agricoltori che si trovano ad avere a che fare con bruchi che attaccano indifferentemente piante sia spontanee che coltivate (ma trattandosi di bruchi tendenzialmente solitari i danni possono anche essere limitati). Le specie osservabili nei mesi freddi possono essere molte, soprattutto al sud Italia, per cui mi limito a citare le più note.

Chrysodeixis chalcites
Chrysodeixis chalcites. © Foto di Jérôme Albre

Chrysodeixis chalcites (e altri Noctuidae Plusiinae): questo comunissimo bruco è facilmente visibile in pieno giorno sulle foglie delle piante erbacee, spesso in bella vista mentre si scalda al sole. Come altre specie simili (ad esempio Autographa gamma, dal bruco parecchio simile) appartenenti alla stessa sottofamiglia (Plusiinae), di cui incontriamo i bruchi su piante erbacee sia ornamentali che coltivate , il bruco ha la peculiarità di possedere soltanto 3 paia di pseudozampe anziché 5 come in molti altri bruchi (in particolare sono mancanti le prime 2 delle 5 paia di pseudozampe in genere presenti in altre specie). Questa caratteristica determina una locomozione che si avvicina a quella dei bruchi delle falene Geometridae, che hanno però soltanto 2 paia totali di pseudozampe.

 

Helicoverpa armigera
Helicoverpa armigera. © Foto di esta_ahi

Helicoverpa armigera: sono parecchie le specie di Noctuidae reperibili come bruchi in questa stagione, ma Helicoverpa armigera merita particolare menzione per l’estrema variabilità del bruco: troviamo individui con colore di fondo verde, marrone, ocra, azzurro, a diverse gradazioni. Si cibano di moltissime piante erbacee ed arbustive, sia orticole che spontanee.

 

Brithys crini
Un gruppetto di bruchi di Brithys crini sul giglio marino

Brithys crini (= Brithys pancratii): nelle aree costiere sabbiose dove cresce il giglio marino (Pancratium maritimum) è possibile incontrare i bruchi piuttosto appariscenti di un altro Noctuidae, la Brihtys crini, spesso anche in gran numero su una stessa pianta, intenti ad alimentarsi sotto il sole, senza curare di nascondersi dai predatori: l’alimentazione a base di piante come il Giglio marino, ricche di alcaloidi tossici, rendono il cibarsi di questi bruchi un’esperienza da non ripetere, almeno per diversi animali vertebrati. Questi bruchi possono essere osservati anche in pieno inverno almeno nelle aree costiere di zone a clima mite. Quando sono maturi abbandonano la pianta ospite e scavano nel terreno sabbioso per andare in ninfosi.

 

Spilosoma lubricipeda e (a destra) Arctia villica. © Foto di Ferran Turmo Gort

Bruchi di falene Arctiidae.
Diversi bruchi di Arctiidae, caratterizzati lunghi e fitti peli, in genere non urticanti, sono ancora reperibili in autunno, almeno nelle giornate miti, sulle piante erbacee selvatiche e coltivate: in particolare Arctia villica (e l’equivalente siciliana A. konewkai), Arctia caja, Spilosoma lubricipeda, Phragmatobia fuliginosa (e la congenere P. luctifera) e la falena diurna Amata phegea (e congeneri).

 

Bruco di Phragmatobia fuliginosa. © © Foto di gailhampshire
Bruco di Amata sp.

 

…E i bruchi di farfalle diurne?

Diverse specie di farfalle diurne possono ritrovarsi in autunno allo stadio larvale, come ad esempio Vanessa atalanta e Vanessa cardui: i bruchi di queste due Nymphalidae hanno colorazione variabile e possono essere molto simili, la possibile confusione nell’identificare una o l’altra è favorita dal fatto che ambedue condividono una delle più comuni piante ospiti delle due specie: l’ortica. Ma mentre il bruco di V. atalanta, che si ciba sia di ortiche che di parietaria, tende a rintanarsi in una foglia accostandone i lembi “cuciti” con un po’ di seta, quello della Vanessa del cardo, che attacca anche Malva, Cardo, Borragine e qualche altra pianta, si limita a creare un tappetino sericeo, più o meno fitto in cui nascondersi malamente, al centro della foglia. Benché Vanessa atalanta sverni allo stadio di farfalla, può dare una generazione autunnale con bruchi osservabili fino a inizio inverno nelle regioni a clima ancora mite. Vanessa cardui è meno tollerante del freddo e in genere i bruchi che riescono a completare lo sviluppo in autunno danno luogo ad adulti che migrano sempre più a sud, fino al Nord africa.

Vanessa atalanta
Bruco di Vanessa atalanta. Foto di Mario Ioppolo
Vanessa del cardo, bruco al 5° stadio
Vanessa del cardo, bruco al 5° stadio

Altro Nymphalidae che merita particolare menzione è lo spettacolare bruco di Charaxes jasius: pur estremamente mimetico per la tonalità di verde che lo camuffa tra le foglie del corbezzolo, sua pianta ospite principale (ma non l’unica), questo bruco però si fa notare per la sua coroncina di punte nella parte psoteriore della capsula cefalica che fa pensare a un draghetto. Lo sviluppo del bruco procede lentamente nel corso dell’inverno e la crisalide, che a differenza del bruco in questa specie è uno stadio poco resistente ai rigori invernali, si forma in genere in primavera per sfarfallare entro poche settimane.

Bruco di Charaxes jasius
Bruco di Charaxes jasius
Charcarodus alceae
Charcarodus alceae. © Foto di esta_ahi

Charcarodus alceae: prima ho menzionato la Malva parlando della Vanessa del cardo, e in effetti è la pianta su cui personalmente trovo più spesso il suo bruco. Ma sempre sulla Malva (ma pure sull’Althaea e qualche altra Malvacea) è possibile incontrare fino a novembre, magari nascosto in una foglia con i margini arrotolati e tenuti fermi con un po’ di seta, il bruco di questa piccola farfalla della famiglia Hesperiidae, diffusa un po’ in tutta Italia isole comprese. Altre specie dello stesso genere vivono a spese di piante del genere Stachys.

 

Bruchi di cavolaia maggiore e minore
Bruchi di cavolaia maggiore (in basso) e minore (in alto). Foto di Mario Ioppolo.

Cavolaia maggiore e minore: chi coltiva in giardino dei cavoli conosce benissimo i bruchi di più facilmente visibili perché gregari i primi, meno visibili i secondi perché solitari ed estremamente mimetici sulle foglie. Non vengono attaccate solo Brassicacee ortive ma anche ornamentali, come gli Alyssum noti per le profumate infiorescenze, nonché, almeno nel caso della Pieris brassicae, anche il Nasturzio (che non è una Brassicacea). Le crisalidi che formano nel corso dell’autunno in genere svernano in diapausa fino all’inizio della primavera.

Bruco e crisalide di macaone (Papilio machaon)
Bruco e crisalide di macaone (Papilio machaon). Foto di Mario Ioppolo.

Papilio machaon (Macaone): guardando piante soprattutto di finocchietto selvatico e di ruta (come anche Aneto, Carota selvatica e altre ombrellifere), è facile incontrare, talvolta fino a inizio dicembre nel sud Italia, i bellissimi bruchi di questa specie. Le crisalidi formate nel corso dell’autunno sfarfallano durante la primavera successiva, in genere non prima di aprile.

Danaus chrysippus
Bruco di Monarca africano (Danaus chrysippus) su una pianta di falso cotone in Sicilia. Foto di Mario Ioppolo.

Concludo la mia piccola rassegna di bruchi con una specie non originaria del nostro territorio, il Monarca africano (Danaus chrysippus). Sempre più frequente in Italia, questa bellissima farfalla migratrice, “cugina” della più nota farfalla Monarca (Danaus plexippus) giunge da noi dal Nord africa e da’ luogo ad una o più generazioni, tramite le quali via via si sposta sempre più a Nord. La generazione più tardiva da’ luogo in tarda estate a individui che compiono la migrazione inversa, volando dunque verso sud fino al Nord africa. Questi individui possono riprodursi ancora a fine estate nelle regioni più calde d’Italia, per cui possiamo trovare bruchi in pieno autunno su piante della famiglia Asclepidacee (come le Asclepias e il Gomphocarpus o falso cotone).