I bruchi in genere non vanno toccati con le dita; qualora fosse necessario, va ricordato che, benché quelli di molte specie siano innocui, ci sono delle specie irritanti per contatto con la pelle umana: si va da un più o meno fastidioso prurito (dermatite da contatto) a forti infiammazioni paragonabili al tocco di ortiche o a puntura d’ape. Il primo caso lo troviamo ad esempio un po’ in tutti i Lasiocampidi (generi Lasiocampa, Dendrolimus, Eriogaster, etc. – attenzione che i bozzoli di queste specie spesso sono composti anche da peli del bruco che li rende anch’essi urticanti!), alcuni Limantridi e, tra i Saturnidi, nel genere Loepa. Il secondo caso è tipicamente rappresentato da tutte le specie della sottofamiglia Hemileucinae tra i Saturnidi, con i generi Automeris, Leucanella, Dirphia, Lonomia, Hylesia, etc., ma lo abbiamo anche in molti Limacodidae tropicali.
Personalmente ho avuto due esperienze di contatto con bruchi di Automeris, in particolare con Automeris liberia: toccando i bruchi al terzo stadio ho avuto una reazione simile a quella che si avrebbe toccando delle ortiche, mentre sfiorando accidentalmente un bruco all’ultimo stadio la sensazione è stata molto più violenta, paragonabile al bruciore dato da una puntura d’ape.
Tra le specie tropicali, una menzione speciale meritano i Saturnidi del genere sudamericano Lonomia: in particolare, i bruchi gregari della specie Lonomia obliqua possono inoculare tramite loro spine che rivestono il loro corpo una tossina anticoagulante estrememente pericolosa per l’uomo, che causa gravi emorragie interne: ogni anno si registrano diversi casi di decessi di persone che entrano accidentalmente in contatto con i bruchi, per esempio arrampicandosi sugli alberi su cui essi si trovano, spesso ben mimetizzati sulle cortecce degli alberi (si segnala anche il caso di una donna settantenne in buona salute che è morta per una serie di emorragie cerebrali insorte per una settimana dopo averne calpestato uno camminando scalza); la dose letale della tossina prodotta da queste larve è tra le più basse che si conoscano, pari a un millesimo del volume di veleno che sarebbe necessario a un crotalo (serpente velenoso) per uccidere un uomo! Esiste uno specifico antidoto, efficace se somministrato entro un certo tempo dal contatto con la tossina. In ogni caso, attualmente Lonomia obliqua è considerato il bruco più velenoso del mondo.
Tra le specie del nostro paese, un cenno a parte meritano l’Euproctis chrysorrhoea (Limantridi) e le processionarie (genere Thaumetopoea, famiglia Notodontidi): nei bruchi di queste specie ci sono dei peli molto piccoli e volatili che, staccandosi facilmente per i movimenti d’aria, possono dare reazioni allergiche oculari, cutanee e respiratorie se ci si trova in stretta vicinanza con un gruppo numeroso di larve (per esempio un nido di processionarie). Quanto alla nota Lymantria dispar (famiglia Limantridi), personalmente non ho avuto alcun problema a maneggiare le larve ma esiste la possibilità di una reazione infiammatoria da parte di persone con pelle particolarmente sensibile: lo stesso può dirsi per i bellissimi bruchi di un altro Limantride, Orgya antiqua, ai cui peli ho scoperto di essere allergico per contatto ma verso cui altre persone non hanno alcun problema.
La tabella sottostante elenca alcune specie rappresentative di Lepidotteri che allo stadio di bruco possono causare reazioni di interesse sanitario (tratta dall’articolo The evolving global epidemiology, syndromic classification, management, and prevention of caterpillar envenoming, di James H. Diaz, pubblicato da The American Society of Tropical Medicine and Hygien. Tale lista non è esaustiva perchè su molte specie non si hanno ancora informazioni circa l’effettiva pericolosità.