Le falene della numerosissima famiglia Geometridae sono rappresentate in Italia da specie di piccole o medie dimensioni, in genere notturne, e in molti casi poco appariscenti. Come spesso accade, le zone tropicali ci danno dei corrispondenti ben più vistosi: il genere Dysphania comprende una quindicina di specie di Geometridi di dimensioni relativamente grandi (da 50 a 85 mm), diffuse dall’Asia all’Australia. Diverse di loro hanno attività tendenzialmente diurna e sono volgarmente chiamate false falene tigre in contrapposizione al nome di falena tigre comunemente dato dagli anglosassoni a molte specie della famiglia Arctiidae (recentemente collocata negli Erebidae come sottofamiglia Arctiinae). Hanno una spiritromba funzionale con cui assumono acqua, nettare e sali minerali: visitano dunque sia i fiori che il terriccio umido e le pozze.
I bruchi di questi Geometridae si cibano di piante della famiglia Rhizophoraceae (principalmente specie del genere Carallia). E’ probabile che la colorazione relativamente vivace di bruchi e adulti di questo genere abbia valore aposematico, dunque di avvertimento per i predatori circa la loro non-commestibilità: si ritiene che la colorazione degli adulti sia imitata dalle zigene non tossiche del genere Psaphis per scoraggiare i predatori : queste ultime quindi rappresenterebbero un caso di mimetismo batesiano in cui una specie commestibile imita un’altra specie che non lo è.
Ma la nostra falsa falena tigre a sua volta non ha inventato nulla: si pensa che le Dysphania possano aver sviluppato questa colorazione per imitazione di alcuni Pieridae, a tossicità più spiccata, del genere Delias, con i quali tra l’altro condividono in molti casi l’attività diurna. Ovviamente non si tratta di un’imitazione consapevole ma del risultato della selezione naturale: nel corso dell’evoluzione, gli esemplari di Dysphania che in qualche modo ricordavano le tossiche Delias venivano più facilmente risparmiate dai predatori e questo ha permesso alla specie di perfezionare tale carattere vantaggioso di generazione in generazione. Si potrebbe forse parlare in questo caso di mimetismo mulleriano, in cui due specie ambedue tossiche per i predatori assumono una simile colorazione di avvertimento, del resto il confine tra le due forme di mimetismo spesso non è ben definito.