L’elisir di lunga vita delle farfalle Eliconidi

Heliconius charitonius

Sappiamo che buona parte delle farfalle visitano i fiori per nutrirsi del loro nettare, ma non del polline, pur venendone inevitabilmente in contatto: questo perché il loro apparato boccale è adattato per succhiare i liquidi per cui nel loro caso il polline, giunto a contatto con la spiritromba, viene semplicemente eliminato tramite un’operazione di pulizia in cui la farfalla srotola e ri-arrotola ripetutamente l’organo. Diversi altri insetti assumono il polline, e in genere possono farlo tramite un apparato boccale masticatore. Eppure alcune farfalle hanno evoluto un sistema per sfruttare il polline come importante fonte alimentare: si tratta di alcune specie di Eliconidi, termine con cui chiamiamo comunemente i Ninfalidi della sottofamiglia Heliconiinae, e sono in particolare i generi neotropicali Heliconius e Laparus ad aver evoluto questo adattamento alimentare: sono farfalle graziose e dal volo delicato, note per una longevità piuttosto notevole (possono vivere attivamente, senza dunque fasi di diapausa, fino a 6-8 mesi) e si è visto che il polline ha un ruolo chiave nella longevità di queste farfalle, o meglio alcuni aminoacidi in esso contenuti che loro riescono ad assimilare e che non sono presenti, o per lo meno non in quantità apprezzabile, nel nettare, la fonte alimentare più diffusamente assunta dalle farfalle in genere.

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Heliconius cydno con la spiritromba carica di polline.
(Foto di S. H. Eberhard)

Ma come fanno le Eliconidi a utilizzare il polline se hanno una spiritromba adatta a succhiare fluidi? Quando una di queste farfalle visita un fiore, il polline viene accumulato sulla superficie esterna della spiritromba, dove viene trattenuto da speciali sensilli a spazzola, ricchi di meccano-recettori. A questo punto i granuli di polline vengono “triturati”, sia tramite movimenti ripetuti e prolungati di arrotolamento-srotolamento della spiritromba, sia da movimenti di quest’ultima laterali e verticali, mentre viene secreto un liquido contenente un enzima proteolitico che, agendo sul polline, permette il rilascio degli aminoacidi nel liquido. La frazione liquida viene poi aspirata dalla spiritromba mentre viene escreta altra saliva per lavorare altro polline. Grazie al lavoro di questa caratteristica spiritromba, che può durare diverse ore, e grazie soprattutto a questo enzima, secreto in grande quantità da ghiandole salivari particolarmente sviluppate in queste farfalle, le Eliconidi riescono a prelevare gli aminoacidi presenti nel polline: soprattutto la prolina, presente in percentuale maggiore degli altri aminoacidi liberi del polline e  che rappresenta un’importante fonte di energia che negli insetti in genere si accumula nell’emolinfa e nella muscolatura delle ali.

Particolare della spiritromba carica di polline di Heliconius ethilla
Particolare della spiritromba carica di polline di Heliconius ethilla
(foto di H. Krenn)

Le farfalle che non assumono polline possono utilizzare solo gli aminoacidi accumulati nella fase larvale; le Eliconidi invece possono prelevarli anche allo stadio adulto, come abbiamo visto: la possibilità di attingere da fonti aminoacidiche extra oltre quelle accumulate allo stadio larvale consente loro di dedicare le scorte energetiche larvali limitatamente alle funzioni vitali di base e sfruttare le nuove fonti aminoacidiche prelevate dal polline per le attività più intense (volo, trattamento del polline, deposizione delle uova, etc.).
Si ritiene che sia questa sorta di compartimentazione dell’utilizzo delle fonti energetiche la responsabile della grande longevità di queste farfalle.

Ma c’è ancora un altro interessante vantaggio nell’assunzione di polline: gli aminoacidi assunti da queste farfalle allo stadio adulto vengono utilizzati anche per sintetizzare i cianoglicosidi, sostanze tossiche che accumulandosi nel corpo delle farfalle determinano la non-commestibilità per i predatori e che nelle Eliconidi non specializzate a prelevare polline vengono assunti solo allo stadio larvale, dalle piante (le piante ospiti principali dei bruchi delle Eliconidi sono infatti quelle del genere Passiflora, ricche di cianoglicosidi). Questo fa sì che le specie di Eliconidi che si cibano di polline hanno una maggiore tossicità, e dunque una migliore protezione dai predatori, rispetto alle specie tossiche che non possono sfruttare questa fonte alimentare.
Ci sono altre Nymphalidae che, pur non essendo specializzate nell’utilizzo del polline, riescono a guadagnare una discreta longevità: sono quelle che integrano la dieta a base di nettare con fonti aminoacidiche rappresentate da frutta matura (come nel caso delle farfalle Charaxes e Caligo) e dagli escrementi freschi degli uccelli (come nel caso delle Ithomiinae). Ci sono differenze qualitative dal punto di vista aminoacidico nel polline a seconda dei fiori visitati e si è visto che le Eliconidi con maggiore longevità sono quelle che assumono il polline da piante Cucurbitacee del genere Psiguria, Gurania ed Anguria (quest’ultima da non confondere con la nostra anguria che è una Cucurbitacea del genere Citrullus).

 Vi lascio con un brevissimo video, già proposto in passato, raffigurante una Heliconius charitonius (la stessa della prima foto di questo articolo) che visita un’infiorescenza di Lantana all’interno di una mia piccola serra.