Lonomia obliqua, il bruco più pericoloso al mondo

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Bruco di Lonomia obliqua © Foto di Benicio Monte
Bruco di Lonomia obliqua
© Foto di Benicio Monte

Nell’articolo “Si possono toccare i bruchi con le mani?” accennavo alla pericolosità di alcuni bruchi dotati di spine in grado di inoculare sostanze irritanti e avevo menzionato particolarmente quelli di Lonomia obliqua, il contatto con le cui spine può essere estrememente pericoloso per l’uomo. In questo articolo guardiamo più in dettaglio il ciclo di questo Saturnide e come agisce il veleno inoculato dalle spine dei bruchi.

Lonomia obliqua
Lonomia obliqua. © Foto di Theo Prado

Ciclo biologico

Si tratta di falene dalla vita breve, come molti Saturniidae (la famiglia a cui appartengono) sono sprovvisti di apparato boccale funzionale e vivono infatti una settimana o poco più. Le femmine sono più grandi dei maschi (circa 8 cm di apertura alare contro i 6 cm nei maschi) e hanno una colorazione di fondo delle ali grigio-bruna mentre quella del sesso opposto è giallo-arancio con una certa variabilità individuale. Compaiono in volo in natura in tre periodi all’anno, ci sono infatti almeno tre generazioni con esemplari in Gennaio-Febbraio, Giugno-Luglio e Settembre-Novembre. Le uova, color verde appena deposte, diventano traslucide nella vicinanza della schiusa che avviene in circa 17 giorni. I bruchi impiegano 3 mesi a completare lo sviluppo attraverso 6 stadi. L’inoculo del veleno avviene per rottura delle setole a contatto con la pelle. I bruchi, che misurano mezzo centimetro alla nascita e raggiungono i 6 cm a maturità, hanno comportamento gregario e si alimentano di notte a spese di vari alberi, anche fruttiferi. Di giorno scendono in gruppo sino al tronco o ai rami più bassi, aumentando il rischio di contatto accidentale da parte delle persone. Il comportamento gregario aumenta i rischi di subire più punture simultaneamente (per esempio appoggiando una mano su un tronco ricoperto da un gruppo di bruchi). Il maggior numero di incidenti si registra nelle zone rurali durante le raccolte nei campi e riguarda il contatto con larve dal IV stadio in su. I bruchi non costruiscono un bozzolo ma creano un rudimentale ricovero al suolo dove si trasformano in crisalidi. Lo sfarfallamento avviene dopo 1-3 mesi a seconda delle condizioni climatiche.

Due specie dagli effetti simili

Le prime segnalazioni di avvelenamento attribuito al contatto con i bruchi del genere Lonomia risalgono al 1914, in un paziente che presentava sangue nelle urine (ematuria) e nella saliva. Oltre un migliaio di casi vennero riportati nei decenni successivi in vari stati sudamericani, riconducibili alle specie Lonomia obliqua e Lonomia achelous. La gravità dei sintomi  del lonomismo (così viene chiamato l’avvelenamento da contatto con questi bruchi) dipende sia dall’estensione della superficie di contatto (per esempio se sono stati toccati più bruchi contemporaneamente) sia dall’età e dalle condizioni di salute della persona colpita. Il veleno inoculato dalle spine del bruco di Lonomia obliqua provoca una coagulazione intravascolare disseminata (CID) che può condurre, a 12-24 ore dall’entrata in circolo del veleno, a una sindrome emorragica innescata dall’esaurimento dei fattori di coagulazione (coagulopatia da consumo) e in particolare dalla deplezione di fibrinogeno (precursore della fibrina, una proteina essenziale per la coagulazione del sangue) a cui segue una fibrinolisi secondaria. Le principali tossine contenute nel veleno prodotto dal bruco (ma negli ultimi anni sono stati analizzati anche altri compinenti che entrano in gioco) sono due procoagulanti: un attivatore della protrombina e un attivatore del fattore X. Il sanguinamento può essere spontaneo o indotto da semplici incidenti (es. sfregamenti). I primi sintomi dal contatto sono forte bruciore, arrossamento e leggera tumefazione della parte colpita, seguita da nausea, vomito, mal di testa, vertigini e indebolimento. Segue alcune ore dopo l’alterazione della coagulazione del sangue, con possibili sanguinamenti da ferite recenti, dalle mucose (emorragia nasale e gengivale) e può liberare col vomito sangue liberato dal tratto gastrointestinale (ematemesi). Se il paziente non viene trattato entro le prime ore dal contatto con uno specifico siero, può sviluppare ecchimosi, ematomi, ematuria, insufficienza renale acuta ed emorragie addominali, polmonari, ghiandolari ed intracerebrali che possono condurre alla morte. I bruchi dell’affine Lonomia achelous provocano manifestazioni simili anche se con meccanismi in parte differenti. Le altre specie conosciute sinora del genere Lonomia non hanno fatto registrare sintomi di questa entità.

Bruchi di Lonomia obliqua sono gregari fino all'ultimo stadio. © Foto di Wolfgang Walz Hillermann
I Bruchi di Lonomia obliqua sono gregari fino all’ultimo stadio.
© Foto di
Wolfgang Walz Hillermann

Uno specifico siero antilonomico è stato prodotto nell’ultimo decennio grazie al lavoro dell’Istituto di Butantan, un centro di ricerche biomediche in Brasile; il suo utilizzo entro 12 ore dal contatto con il veleno riduce il rischio di sviluppare severe coagulopatie. Sembra che ad aumentare le probabilità di incontro con questi bruchi negli ultimi decenni siano entrati in gioco, oltre a un mutamento climatico con estensione dei periodi caldo-umidi, la deforestazione e l’uso di pesticidi che hanno prodotto da un lato la diminuzione dei nemici naturali rappresentati da parassitoidi (ditteri Tachinidae e Imenotteri Icneumonidae) e dall’altro lo spostamento della specie dalle foreste verso le aree più urbanizzate.

Fonti: South American Lonomia obliqua Caterpillars: Morphological Aspects and Venom Biochemistry