Saturnidi: linee guida di allevamento e specie consigliate ai principianti

Attacus atlas

Con il presente articolo ripropongo una sintesi di quanto scritto quasi 10 anni fa, nel 2004, nel mio sito precedente “Saturniaweb” (2004-2011) e che introdusse la successiva stesura dei miei 3 volumetti pubblicati dalla casa editrice WILD (www.edizioniwild.it) nel 2008:

1) Saturnidi – Guida all’allevamento
2) Saturnidi – Le specie allevate vol. 1
3) Saturnidi – Le specie allevate vol. 2

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Per chi si cimenta nell’allevamento delle farfalle, le falene della famiglia dei Saturnidi comprendono specie che ben si prestano all’attenzione da parte dell’appassionato, per vari motivi:

Automeris io

1) Le dimensioni e l’aspetto spesso appariscente. E’ presente nel nostro territorio la grande “Pavonia maggiore” (Saturnia pyri), la più grande farfalla europea, con apertura alare fino a 16 cm, ma esistono specie tropicali con apertura alare che può avvicinarsi ai 30 cm. Alle dimensioni importanti si accompagna spesso un aspetto morfo-cromatico non indifferente: ali superiori falcate, ali posteriori formanti delle “code”, ocelli simulanti occhi minacciosi per scoraggiare i predatori, “lune” e “finestre” fatte da gruppi di squame trasparenti, ecc.

2) L’aspetto vistoso delle larve di molte specie. I bruchi dei Saturnidi, che spesso raggiungono dimensioni notevoli, hanno una grande varietà di forme e colori: in alcuni casi sono provvisti di tubercoli colorati, talora sormontati da corone di piccole spine, in altri sono provvisti di un’intricata armatura di spine (spesso collegate a ghiandole che producono sostanze irritanti) con funzione difensiva, in altri casi ancora presentano processi allungati simili a corna.

Bruco di Citheronia guayaquila
Bruco di Citheronia guayaquila (Sud America)
Bruco di Rothschildia cincta
Bruco di Rothschildia cincta
(Sud America)
Bruco di Eupackardia calleta (Messico)
Bruco di Eupackardia calleta (Messico)

 

 

 

 

 

 

 

3) La non-necessità di nutrire gli adulti. Allo stadio adulto o di immagine (cioè di farfalla) i Saturniidae sono caratterizzati dall’estrema regressione (o, più spesso, totale atrofia) dell’apparato boccale: di conseguenza queste falene, che sfarfallano già sessualmente mature, devono sfruttare il poco tempo a disposizione (una settimana in media) per incontrarsi e riprodursi prima che esauriscano le proprie energie. L’incontro tra i due sessi è velocizzato dall’emissione di feromoni da parte delle femmine: questo segnale olfattivo è utilizzato in molti animali, ma nelle falene Saturniidae è particolarmente potente: infatti i maschi, che hanno antenne bipettinate particolarmente ricche di sensilli che “riconoscono” il segnale odoroso della femmina della propria specie, possono localizzare le femmine a distanze notevoli, in alcune specie fino a diversi chilometri.

4) la relativa “maneggiabilità”, in molti casi. I Saturniidae essendo in gran parte ad attività notturna, di solito durante il giorno stanno fermi a riposo; questo li rende facilmente maneggiabili, per esempio per spostarli con le mani da una gabbia all’altra, o su un supporto per essere fotografati; anche qualora si sentano minacciati, non possono alzarsi in volo immediatamente ma necessitano di una fase di riscaldamento muscolare in cui le ali vengono fatte vibrare sul posto per un certo tempo prima di essere in grado di sollevare il corpo pesante dell’insetto. Non mancano però specie, come molte del genere Actias,  che reagiscono bruscamente lasciandosi cadere al suolo battendo le ali nervosamente, col rischio anche di danneggiarle; non  mancano, inoltre, specie che volano di giorno, particolarmente i maschi, come nel caso della nostra Saturnia pavoniella, i cui maschi volano alla ricerca delle femmine già nelle prime ore del pomeriggio.

Saturnia pyri
Saturnia pyri

Specie presenti in Italia. Nell’ambito dei Saturnidi, il nostro paese e l’Europa in generale è purtroppo povera di specie: diffusa, oltre la già citata Saturnia pyri, è la Saturnia pavonia (nota come “Pavonia minore”), comune pressoché in tutta Italia; meno diffusa, e comunque limitata all’Italia centro-settentrionale, è la graziosa Aglia tau, dalle ali giallastre ciascuna con una macchia a forma di T greca. A queste tre specie autoctone dobbiamo aggiungere due specie introdotte accidentalmente dagli allevamenti per la produzione di seta selvatica: la Samia cynthia, ormai acclimatata da tempo in alcune regioni del nord, e l’Antheraea yamamai, localizzata in alcune aree del Friuli.

Altra specie diffusa in Europa, ma non in Italia, è la Graellsia isabellae, dalle ali verdi percorse da venature bruno-rossicce, localizzata in alcune ristrette regioni montuose della Francia e della Spagna.
A questa povertà, nel nostro continente, di esempi (comunque belli), si contrappone l’impressionante quantità e varietà di specie diffuse nelle zone tropicali.

Hyalophora cecropia
Hyalophora cecropia, bellissima specie nordamericana i cui bruchi purtroppo tendono ad ammalarsi facilmente in allevamento.

NOTE SUL CICLO VITALE E SULL’ALLEVAMENTO: Le uova schiudono in un periodo variabile secondo la specie e la temperatura ambientale, da 1 a 3 settimane. Fanno eccezione quelle delle specie che svernano allo stadio di uovo: in questo caso infatti le uova sono deposte in autunno e schiudono solo alla primavera successiva dopo aver svernato a bassa temperatura.
Lo stadio larvale dei Saturnidi attraversa alcune mute, di norma quattro, ma in alcune specie quelli che daranno luogo ad adulti femmine fanno una muta in piu’ e alcuni generi (es. Automeris) possono esserci due mute in piu’. Raggiunta la maturità di sviluppo, dopo alcune settimane o mesi, il bruco si prepara alla ninfosi costruendo un bozzolo più o meno complesso tra i rami della pianta ospite o a ridosso di altri substrati, oppure scendono al suolo e si creano una camera sotterranea scavata nel terreno.
All’interno del bozzolo o nella sua celletta scavata nel sottosuolo, il bruco si trasforma in crisalide. Questo stadio può durare poche settimane, pochi mesi o più di un anno, secondo la specie e le condizioni ambientali. Le specie che svernano come crisalide passano tutto l’inverno in questo stadio per sfarfallare in primavera (talvolta, nel caso di Saturnia pyri soprattutto, possono passare due o piu’ inverni consecutivi). L’allevamento dei bruchi dei Saturnidi in generale segue quanto già indicato, per i bruchi di farfalle in generale, nella sezione “allevamento” di questo sito.

Pronto a captare l'odore della femmina! Particolare delle antenne del maschio di Hyalophora cecropia.
Pronto a captare l’odore della femmina! Particolare delle antenne del maschio di Hyalophora cecropia.

Nei Saturnidi il dimorfismo sessuale può essere rappresentato dalla forma delle antenne che, come già accennato, sono sempre bipettinate nei maschi (laddove nelle femmine sono filiformi, dentellate o anche bipettinate, spesso – ma non sempre – meno ampiamente che nei maschi), dalla forma delle ali superiori (più slanciatefalcate nei maschi e talora con gli apici più allungati), talvolta dal colore, e in ogni caso, quando i precedenti caratteri non sono distinguibili tra i due sessi, nelle dimensioni del corpo (addome più massiccio nelle femmine).
Durante l’accoppiamento, il maschio “aggancia” saldamente l’estremità dell’addome della femmina con due piccole valve che circondano la zona genitale; la durata è variabile secondo la specie, da poche decine di minuti a oltre 24 ore. Terminato l’accoppiamento il maschio, se ancora dispone di energie, può andare a fecondare ancora una o più femmine. La femmina puo’ iniziare a deporre subito dopo la copula o comunque entro il giorno successivo, attaccando le uova sulle piante nutrici del bruco o su substrati vari (in genere va bene anche una grande scatola di cartone foderata di carta o rete da cui le uova possono facilmente essere rimosse tagliando la carta/rete o anche staccate a mano); l’addome della femmine si alleggerisce man mano che depone, rendendo più facile il volo. In genere le femmine dei Saturnidi non hanno bisogno di entrare in contatto con la pianta ospite per deporre le uova.

Callosamia promethea - copula
Callosamia promethea – copula

L’accoppiamento in cattività dei Saturnidi richiede pochi accorgimenti dato che come già accennato non è necessario nutrire gli adulti, nè fornire loro piante nutrici per stimolare l’accoppiamento e la deposizione delle uova. Le femmine sfarfallano già con l’addome rigonfio di uova: appesantite dal prezioso fardello, sono poco attive, soprattutto se non ancora accoppiate: in molti casi restano nei pressi di dove sono sfarfallate, emettendo i propri feromoni in attesa dell’arrivo di un maschio della propria specie, spesso dunque non volano finchè non si sono accoppiate: se nessun maschio arriva entro le prime notti, allora inizierà a spostarsi e a deporre uova sterili, migliorando la propria capacità di volo, inizialmente spesos impacciato, man mano che si alleggerisce del suo carico di uova.
L’accoppiamento può avvenire nel pomeriggio (es. Saturnia pavoniella), al crepuscolo, durante la notte (in molti casi), o all’alba (es. Hyaophora cecropia), secondo le specie, e può durare da poche decine di minuti a parecchie ore: in quest’ultimo caso, molto frequentemente, è possibile così verificare l’accoppiamento trovando gli individui ancora uniti il mattino seguente.
In allevamento le possibilità di riuscita di un accoppiamento dipendono da vari fattori, tra cui le dimensioni della gabbia, la temperatura, l’eventuale parentela tra i riproduttori.
Alcune specie (es. Saturnia pyri) esigono un minimo di ventilazione e rispondono meglio se la gabbia è tenuta in balcone. Ma spesso va bene collocare la gabbia in una stanza, curando che la notte non vi siano fonti di luce forte che possono distrarre i maschi durante i loro voli di ricerca della femmina (non usano gli occhi, ma le antenne per percepire i feromoni emessi dalla femmina).
L’ampiezza della gabbia potrà dipendere sia dalle dimensioni della specie ospitata, che dalle sue abitudini: quindi per specie in cui i maschi sono forti volatori sono più adatte gabbie grandi rispetto a specie di uguali dimensioni, ma più “pigre”. A titolo di esempio, una gabbia di 45 cm di diametro e 60 cm di altezza va bene in molti casi. Specie particolarmente facili da riprodurre, come l’Antheraea pernyi o la Samia ricini, possono accoppiarsi in gabbie di 30 cm di diametro o persino in una scatola da scarpe. D’altra parte, i giganteschi Attacus hanno bisogno di gabbie da 60 cm di diametro o anche più grandi, benchè non siano mancati casi di accoppiamenti avvenuti in gabbie più piccole.
Alcune specie sono difficili da riprodurre per esigenze di clima e spazio particolari, altre volte il mancato accoppiamento o la scarsa fertilità delle uova dipende dall’eccessiva consanguineità di maschio e femmina.
In caso di mancato accoppiamento alcuni allevatori ricorrono all’accoppiamento artificiale (detto  “alla mano”, dato che bisogna manipolare i riproduttori per indurli all’accoppiamento).
La tecnica richiede un pò d’esperienza e il successo dipende dalle specie (viene effettuato con successo per esempio con alcune Actias, per l’ibridazione forzata). E’ parzialmente simile alla metodica di accoppiamento artificiale usata per le farfalle diurne della famiglia dei Papilionidi, ma va svolto di preferenza quando i maschi entrano in attività e le femmine hanno iniziato a estroflettere la ghiandola dei feromoni.

SPECIE CONSIGLIATE PER CHI INIZIA: per chi si cimentasse per la prima volta nell’allevamento dei Saturnidi consiglio varie specie resistenti e facili da riprodurre, iniziare invece con specie più esigenti e delicate può essere, in caso di insuccesso, un’esperienza frustrante.

Saturnia pavoniella (maschio)
Saturnia pavoniella (maschio)
Samia ricini (Bombice del ricino)
Samia ricini (Bombice del ricino)

La prima che mi sento di consigliare per la rusticità, anche perchè in Italia è specie autoctona e perfettamente adattata i nostri climi, è la Saturnia pavoniella (molto simile alla Saturnia pavonia del centro-Nord Europa), chiamata “pavonia minore” per l’aspetto che ricorda la ben più grande Pavonia maggiore (Saturnia pyri).
Gli adulti hanno un dimorfismo sessuale abbastanza marcato, essendo i maschi molto più vivacemente colorati. Le larve, che negli ultimi stadi sono abbastanza eleganti, si nutrono a spese di parecchie piante arboree e arbustive, soprattutto rosacee, tra cui soprattutto il comunissimo rovo (mora).
I bozzoli svernano e sfarfallano abbastanza precocemente rispetto ad altre specie svernanti, tra febbraio e aprile. I maschi attivi nelle prime ore pomeridiane percepiscono la presenza delle femmine a grandi distanze: può capitare di ritrovarsi uno o più maschi selvatici entrati dalle finestre aperte durante il pomeriggio, se si ha una femmina vergine in gabbia. L’accoppiamento avviene facilmente in una gabbia di piccole dimensioni (30 cm di lato) e dura poche ore.
Dalle uova schiudono, dopo 10-14 giorni, delle larve nere, che -attraverso 4 mute- diventano verdi con disegni neri più o meno visibili o talora assenti. Una volta mature, dopo circa 5 settimane, tessono un bozzolo robusto tra le foglie o tra i rami.
Un’altra specie consigliabile ai neofiti è la Samia ricini (e l’affine Samia cynthia), i cui bruchi vivono a spese di varie piante arboree e arbustive, tra cui sopratutto di ailanto e ligustro, nonchè varie Rosacee del genere Prunus (es. susino, albicocco, ciliegio). E’ presente una scheda di allevamento dettagliata in questo stesso sito.
Gli adulti si riproducono in gabbie anche piccole (io uso gabbie 40 cm di diametro e alte 55 cm, ma vanno bene anche più piccole).
Altrettanto facile è l’Antheraea pernyi, originaria della Cina, ma acclimatata nelle Isole Baleari in seguito agli allevamenti per la produzione della seta. Maschi e femmine si somigliano molto, ma i primi hanno le antenne bipettinate e addome più ridotto. Si accoppiano anche in spazi ristretti e talvolta non attendono la sera per cercare le femmine: ricordo di un maschio che in pieno mezzogiorno si accoppiò con una femmina mentre ancora la stavo sistemando su un ramo della gabbia per fotografarla!
Le larve, di color verde giallastro, diventano molto grandi (9 cm) e voraci: la pianta nutrice preferita è la quercia, subito seguita dal faggio: in alternativa si possono somministrare alcune Rosacee da frutto (Prunus sp.) e Salice.

Antheraea pernyi
Antheraea pernyi
Actias selene
Actias selene

Anche lActias selene (di cui è presente in questo stesso sito una scheda di allevamento dettagliata) è facile da allevare: i bruchi si cibano di svariate piante reperibili soprattutto in primavera-estate e la riproduzione degli adulti non è difficile in gabbie di media grandezza.