SCHEDA DI ALLEVAMENTO DELLA SFINGE DELL’OLEANDRO
(Daphnis nerii)
testi e foto di Mario Ioppolo
(aggiornata il 02/01/2022)
Distribuzione e biologia della Sfinge dell’oleandro
La Sfinge dell’oleandro, uno dei Lepidotteri Eteroceri più belli d’Europa, è diffusa, come specie residente, nelle zone più meridionali del bacino del Mediterraneo, ma come specie migrante si spinge a Nord dell’Europa e ad Est fino all’Asia. Nell’Europa meridionale il periodo di volo è compreso tra giugno e settembre e sicuramente sono presenti delle popolazioni stabili in alcune aree della Sicilia. In generale gli individui che compaiono in primavera inoltrata-inizio estate provengono dal continente africano e danno luogo a una nuova generazione con individui che sfarfallano tra la fine dell’estate e l’autunno inoltrato: a seconda della temperatura a cui si trovano le crisalidi formate in natura, se nel frattempo l’inverno non è particolarmente mite esse non sopravvivono. Nelle zone tropicali del suo areale invece questa specie può avere diverse generazioni all’anno.
L’habitat tipico della Sfinge dell’oleandro è rappresentato da zone in pianura o in collina soggette a periodica siccità: d’estate possono essere trovate uova o larve sugli oleandri che colonizzano le rive dei corsi d’acqua prosciugati.
Durante il giorno l’adulto sta nascosto tra la vegetazione, per entrare in attività dopo tramonto e nelle ore notturne, fino a poco prima dell’alba. Queste falene in natura si cibano del nettare di fiori di varie piante, come quelli del tabacco selvatico (Nicotiana sp.), della Petunia e della Bella di notte (Mirabilis jalapa); la lunga spiritromba permette alla farfalla di nutrirsi restando sospesa in volo senza appoggiarsi sulla corolla del fiore, proprio come fa un colibrì. A differenza di qualche altra Sfinge e di molte altre falene, la Sfinge dell’oleandro non è molto attratta dalle luci artificiali.
L’accoppiamento, come in molte Sfingi, è relativamente breve, terminando in genere la notte stessa entro qualche ora. Per questo motivo poco di frequente al mattino capita di trovare Sfingi dell’oleandro ancora in copula. La femmina depone le uova singolarmente, distribuendole in diversi rami o di diverse piante ospiti nell’arco di più giorni, sia sulla pagina superiore che inferiore della foglie, o sulle gemme, sui fiori o sui rami.
Il periodo di incubazione delle uova è strettamente connesso alla temperatura: difficilmente supera i 12 giorni e d’estate la schiusa può avvenire entro 3-5 giorni. Le larve attraverso quattro mute passano dai 5 mm iniziali a circa 80-100 mm. I primi stadi la colorazione verde chiara unita alle piccole dimensioni li aiuta a confondersi con la nervatura centrale delle foglia di oleandro quando essi si trovano su di essa nei momenti di riposo (foto).
Man mano che crescono, su un segmento della porzione anteriore del corpo prendono forma due ocelli bianchi orlati di nero: questa caratteristica è presente, in modo diverso e più perfezionato, in molte specie di Sfingi e ha scopo difensivo; quando un bruco di sfinge si sente minacciato, inarca la parte anteriore del corpo nascondendo il capo ed esponendo maggiormente la porzione provvista di tali ocelli che forse può ricordare in qualche modo al possibile predatore un piccolo serpente.
La colorazione di fondo tipica è verde, talora tendente all’azzurro; ma esiste anche una forma bruna (foto).
Nell’imminenza della ninfosi il colore vira comunque al bruno-ocra e la larva cessa di nutrirsi abbandonando la pianta ospite. Le larve degli Sfingidi in generale si impupano al suolo o al di sotto del suolo. Il bruco della Sfinge dell’oleandro non è un forte scavatore come qualche altra specie di Sfinge, e si accontenta di nascondersi sotto i detriti nel terreno, dove si crea un ricovero tappezzando di seta un po’ di substrato attorno a sè. Lo sfarfallamento se la stagione è calda avverrà entro poche settimane o, se l’inverno è abbastanza mite da farla sopravvivere, in primavera.
Allevamento dei bruchi a partire dalle uova
L’allevamento di questa specie, come pure di molti Sfingidi in generale, è abbastanza semplice. Va ricordato che si tratta di una specie che in natura predilige ambienti a clima caldo-asciutto, di conseguenza a qualunque stadio va evitato un eccesso di umidità e la temperatura va mantenuta almeno a 20 gradi. Le uova possono essere conservate in piccole scatoline di plastica trasparente, possibilmente senza inserire foglie della pianta nutrice prima che siano iniziate a schiudere. Non è necessario incrementare l’umidità del contenitore ed è sufficiente una temperatura di 18 °C (non meno però) per un normale sviluppo.
Le larve appena nate delle Sfingi in generale, in condizioni di cattività in spazio ristretto, incrociandosi a vicenda possono restare impigliate nei rispettivi cornetti, che alla nascita sono particolarmente lunghi rispetto al corpo, per questo motivo se le uova sono numerose è consigliabile tenerle divise in gruppetti in più contenitori.
Entro pochi giorni dalla deposizione (come già accennato a seconda della temperatura si va da 3 a poco più di 10 giorni), dalle uova faranno capolino dei bruchetti giallastri con un cornetto posteriore che prenderà la forma definitiva entro alcune decine di minuti dalla nascita, risultando simpaticamente sproporzionato rispetto alle dimensioni del corpo del bruco. Nelle prime ore di vita i bruchi tendono a essere attratti dalle fonti di luce ed è frequente vederli concentrarsi da un lato del contenitore, apparentemente disinteressati alla pianta nutrice; dopo che avranno cominciato ad alimentarsi, il loro colore tende a virare al verde. Se avete la possibilità di procurare oleandro, per i bruchi appena nati scegliete le foglie più giovani e tenere che trovate (hanno una tonalità verde molto più chiara e sono molto meno coriacee delle foglie adulte). Sembra infatti che i bruchi abbiano una certa difficoltà a partire su foglie coriacee. Un’ottima alternativa se non trovate foglie tenere di oleandro è rappresentata dalla Pervinca del Madagascar (Catharanthus roseus), menzionata più in dettaglio più avanti, nel paragrafo sulle piante alterative. L’utilizzo di contenitori piccoli e pressoché chiusi i primi giorni di vita dei bruchi assicura che le giovani foglie non appassiscano troppo precocemente nella giornata; se i piccoli contenitori dove state allevando i bruchi ai primissimi stadi sono aerati, per prolungare la freschezza delle foglie, possono essere tenuti i ciuffi di foglie con la base recisa avvolta in un batuffolo di cotone imbevuto di acqua e tenuto saldo con della carta stagnola. In mancanza di foglie giovani di oleandro, si offriranno le foglie vecchie tagliate in strisce, rinnovate almeno una volta al giorno.
A una normale temperatura di appartamento di 20 gradi costanti, lo sviluppo larvale dalla schiusa alla ninfosi dura circa 4 settimane. Se i bruchi sono allevati a una temperatura estiva (sopra i 25°C) l’accrescimento è molto rapido, potendo raggiungere la maturità (cioè essere pronti per andare in ninfosi) in meno di 3 settimane. Per l’allevamento dei bruchi divenuti più grandi si possono usare delle cassette di plastica ma stavolta deve essere garantita aerazione almeno dall’alto usando della rete o garza come coperchio. I rami di oleandro, cambiati ogni giorno o al massimo ogni due, possono essere tenuti freschi tenendo la base immersa in flaconi d’acqua assicurando che l’imboccatura sia inaccessibile ai bruchi che potrebbero annegarvi dentro. Man mano che i bruchi si accrescono ulteriormente si può passare a scatole di plastica via via più grandi (farete contenta l’IKEA!) avendo cura però di avere sempre almeno il coperchio in rete per favorire l’aerazione, o, meglio ancora, a delle gabbie in rete. Ogni giorno si toglierà dal fondo l’eccesso di escrementi e andranno rinnovati i rami.
I rami della pianta ospite andrebbero preferibilmente lavati e asciugati bene prima di offrirli alle larve: gli oleandri di molti giardini infatti, almeno in determinati periodi dell’anno, vengono sottoposti a trattamenti fitosanitari che possono rendere le foglie tossiche per i bruchi; si può tentare un buon lavaggio dei rami tenendoli immersi in acqua tiepida per alcuni minuti e poi effettuando un risciacquo, asciugando bene le foglie prima di trasferirle i rami nella gabbia di allevamento. Se si acquistano oleandri presso un vivaio, andrebbe sottoposta a vere e proprie docce leggermente tiepide l’intera pianta nel suo vaso. Va considerato che nel caso di pesticidi “sistemici” (in cui il fitofarmaco è assorbito dall’intera pianta, comprese le radici), il semplice lavaggio delle foglie può rivelarsi insufficiente e bisogna attendere almeno qualche settimana perché la pianta in vaso possa essere utilizzata per i bruchi.
Importante ricordare che l’oleandro è fortemente velenoso per l’uomo: tutte le parti dell’oleandro, come quelle di molte altre Apocynacee (famiglia a cui esso appartiene), sono fortemente tossiche per ingestione. Quindi fa fatta attenzione soprattutto a non portare accidentalmente in bocca le dita dopo averlo maneggiato, dato che il lattice trasuda facilmente dalle foglie staccate o dai rami tagliati.
ALTERNATIVE ALL’ OLEANDRO:
esperienze di altri allevatori testimoniano che è possibile allevare i bruchi su altre piante (personalmente non posso confermarle tutte):
Adenium (es. Adenium obesum, Rosa del Madagascar) |
Jasminum (Gelsomino) Mangifera (Mango) Rhazya
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(*): la Pervinca del Madagascar è una pianta sempreverde molto comune come pianta da fiore ornamentale spesso venduta dai vivai (però, soprattutto se vivete in zone fredde, accertatevi che sia disponibile in inverno): le sue foglie sono abbastanza tenere da essere mangiate dai bruchi senza particolari accorgimenti.
(**) nota sul ligustro: questa pianta è difficilmente appetita all’inizio da bruchi provenienti da determinate aree geografiche o i cui genitori sono stati allevati sull’oleandro: molti allevatori allora usano uno stratagemma per abituare i bruchi appena nati al ligustro: lasciano macerare in acqua alcune foglie di oleandro per alcune ore e poi spruzzano l'”acqua di oleandro” sulle foglie di ligustro, curando di lasciarle asciugare bene senza risciacquarle; in questo modo i bruchi possono scambiare il ligustro per oleandro e cibarsene, di norma una volta che hanno cominciato a mangiare non è necessario ripetere il trattamento ogni volta, per cui specialmente dopo la prima muta (quindi dopo qualche giorno) si può somministrare il ligustro direttamente, senza il trattamento.
Ninfosi, sfarfallamento e gestione degli adulti
Quando i bruchi giunti al massimo sviluppo (8-10 centimetri) cambiano colore diventando bruno-ocra, si disinteressano dal mangiare andando a girovagare sul fondo, pronti alla ninfosi: a questo punto andranno trasferiti in una cassetta riempita, per uno spessore di 10-15 cm, di un substrato leggero dove i bruchi si approfonderanno: tale substrato potrà essere per esempio muschio, truciolato per i roditori o anche della carta assorbente fatta a pezzi.
Alcuni allevatori lasciano i bruchi pronti alla ninfosi nella stessa gabbia dei bruchi che ancora si alimentano, limitandosi ad aggiungere terra sul fondo: ma in questo modo i bruchi che ancora non sono maturi sporcheranno il fondo con le loro feci, quindi è un metodo igienicamente poco pratico.
Dopo essere sprofondati nel substrato scelto per la ninfosi, i bruchi si trasformeranno in crisalide dopo qualche giorno in cui perdono la capacità di usare le zampe per spostarsi. Qualora si volessero trasferire le crisalidi in un altro contenitore, bisognerà attendere che tutti i bruchi in ciascun contenitore si siano incrisalidati per evitare di disturbare bruchi ancora in procinto di trasformarsi in crisalide o comunque di danneggiare la cuticola delle crisalidi appena formate, che inizialmente è piuttosto delicata.
Le crisalidi di questa specie, che come già accennato non ama l’umidità, non vanno nebulizzate con acqua. In attesa dello sfarfallamento possono essere disposte, qualora siano state dissotterrate, su un substrato morbido come della torba, coperte con un po’ di muschio, oppure direttamente su quest’ultimo.
E’ possibile già conoscere il sesso degli adulti guardando le crisalidi dal lato ventrale e osservando bene i segmenti addominali:
Lo sfarfallamento, preannunziato dal tegumento della crisalide che diventa trasparente e fragile gli ultimi giorni, avviene entro 3-4 settimane dall’entrata in ninfosi, un po’ prima o un po’ dopo a seconda se la temperatura è al di sotto o al di sopra dei 20°C (consigliata almeno 18°-20°C e mai al di sotto dei 10°C).
Gli adulti al momento dello sfarfallamento dovranno trovarsi a disposizione la possibilità di arrampicarsi facilmente, per questo motivo, che si tratti di un gabbia o una cassetta, è importante che le sue pareti siano sufficientemente ruvide (es. rete o legno). La farfalla neo sfarfallata, dopo essersi arrampicata più in alto, si ferma e lascia che le sue ali, inizialmente piccole e molli, si distendano e irrigidiscano, il che avverrà in alcune decine di minuti.
Qualora si voglia tentare la riproduzione di Daphnis nerii, per un accoppiamento spontaneo è sufficiente una gabbia di 40-45 cm di diametro con una o due coppie per circa 50-60 cm di altezza. Gli adulti possono riprodursi anche a digiuno entro le prime notti dallo sfarfallamento e la femmina può iniziare a deporre le notti successive all’accoppiamento, ma sarebbe saggio permettere agli adulti di nutrirsi: benché la Sfinge dell’oleandro raramente si alimenti spontaneamente in gabbia, si può tentare mettendo nella gabbia delle provette riempite di cotone imbevuto di soluzione di acqua e miele (al 5-10%), dei fiori in vaso (ad esempio la pervinca) e dei rami di oleandro (meglio ancora se con cime fiorite, se lo sono in quel dato periodo): i rami di oleandro contribuiranno a indurre la femmina, eventualmente fecondata, alla deposizione, che avverrà sia sui rami dell’oleandro, sia sui fiori, sia sulle pareti della gabbia e ogni tanto qualcuno anche sul fondo. Le uova vengono deposte singolarmente, in modo sparso e non tutte in una notte, ma nell’arco di diverse notti.
Per garantire il vigore degli adulti, che come ho scritto possono rifiutarsi di alimentarsi spontaneamente, bisognerebbe alimentarli a mano: si tiene la farfalla ferma bloccandola dai lati del torace e con l’aiuto di uno stecchino o uno spillo con la punta smussata per non danneggiare l’insetto, si srotola delicatamente la spiritromba, facendo sì che l’estremità tocchi la soluzione zuccherina: la farfalla dopo un po’ di resistenza in cui cercherà di divincolarsi, dovrebbe iniziare a succhiare spontaneamente (si noterà dal leggero ondeggiare su e giù della base della spiritromba) e si può provare ad allentare la presa sul corpo; le primissime volte la farfalla sarà molto poco propensa ad alimentarsi in questo modo ma successivamente dovrebbe mostrarsi più collaborativa. Se ben nutrita la Sfinge dell’oleandro ha un’aspettativa di vita di almeno 2 settimane. In caso di sfarfallamenti non contemporanei dei due sessi gli individui pososno essere tenuti in frigo in un contenitore ben chiuso per qualche giorno (magari nutrendoli ogni 2 giorni almeno). Le uova della Sfinge dell’oleandro sono molto fragili e vanno staccate con delicatezza dal substrato, soprattutto è molto facile danneggiare quelle deposte su superfici ruvide come il legno (in tal caso è meglio attendere che schiudano e trasferire poi i bruchi appena nati); quelle deposte sulle foglie o sulla rete si staccano più facilmente.