Saturnidi
ALLEVAMENTO DEI SATURNIDI

Tratterò in questa pagina le norme generali di allevamento relative ai Saturnidi, partendo dallas chiusa delle uova per arrivare fiuno alal riproduzione degli adulti. Chiaramente le esigenze pososno differre da specie a specie e per questo rimando alle schede specifiche.

ALLEVAMENTO DEI BRUCHI
LA NINFOSI: CURA DI CRISALIDI E BOZZOLI
LO SFARFALLAMENTO
LA RIPRODUZIONE

ALLEVAMENTO DEI BRUCHI

Le uova vanno tenute in capsule Petri o comunque piccoli contenitori di materiale plastico, che garantiscano un minimo di circolazione d'aria. Per la stragrande maggioranza delle specie è sufficiente la temperatura d'appartamento (quindi intorno ai 20°C) ed un'umidità media; se si sospetta che l'aria sia troppo asciutta si può aggiungere un batuffolo di cotone leggermente imbevuto d'acqua, evitando però che si formi condensa all'interno del piccolo contenitore.
I bruchi alla nascita spesso non cercano subito il cibo: una prima fonte di nutrimento è costituita dal corion dell'uovo che viene mangiato in parte (talora minima parte giusto per poter uscire) o totalmente.
Durante i primi giorni possono stare in un contenitore dello stesso tipo, avendo cura di cambiare quotidianamente la/le foglie e rimuovere gli escrementi.

Da sinistra: cassette di allevamento; un esempio di gabbia per bruchi (la rete frontale è sollevata per far vedere l'interno) e di gabbia per la riproduzione delle farfalle.

Nelle operazioni di pulizia i bruchi vanno toccati il meno possibile, preferibilmente ritagliando la porzione di foglia attorno ciascun bruco e ponendola sulle nuove foglie lasciando che il bruco poi vi si trasferisca spontaneamente. Altrimenti si possono spostare i bruchi con l'ausilio di un pennellino.
Dopo alcuni giorni i bruchi, a cominciare da quelli più rapidi nella crescita, smetteranno di mangiare e si fermeranno su qualche punto del contenitore o sulla pianta, preparandosi alla prima muta: in questa fase i bruchi non vanno spostati dal supproto a cui sono attaccati, perchè si sono fissati con un "tappetino" di seta al substrato che li aiuterà a "tirarsi fuori" dalla vecchia cuticola.
Dopo la prima o la seconda muta, i bruchi possono essere trasferiti in contenitori dove la pianta nutrice è mantenuta fresca tenendo le estremità dei rami tagliati immerse in boccette con acqua: l'acqua va cambiata giornalmente per impedire che imputridisca e l'eventuale spazio tra il collo delle boccette e i rami va accuratamente ostruito con del cotone, per evitare che i bruchi vi entrino e anneghino.
E' fondamentale evitare situazioni di sovraffollamento, con un margine di tolleranza per specie gregarie.
E' importantissimo non lasciare che nei contenitori di allevamento si accumulino gli escrementi e che l'aria sia troppo umida: Le piante appena raccolte vanno lavate e ben asciugate per eliminare il più possibile acari, formiche, ragni e cimici entomofaghe che possono essere spesso presenti.

LA NINFOSI: CURA DI CRISALIDI E BOZZOLI

Raggiunta la massima dimensione diversi giorni dopo l'ultima muta, i bruchi smetteranno di mangiare per entrare in ninfosi: nei Saturnidi la trasformazione in crisalide può avvenire dopo la costruzione di un bozzolo (tra le foglie e i rami, su un lato della gabbia o del contenitore di allevamento); ma vi sono anche specie che non costruiscono bozzoli, bensì si interrano per crearsi un ricovero sicuro dove trasformarsi in crisalide: quindi a seconda della specie bisognerà provvedere a fornire il materiale adatto.
I bruchi con ninfosi sotterranea scenderanno dalle piante e inizieranno a spostarsi nervosamente per il fondo del contenitore: è il momento di fornirgli un posto dove possano scavare indisturbati: basterà una cassetta di plastica con alcuni cm di torba o anche solo muschio.
La trasformazione del bruco in crisalide avviene alcuni giorni dopo la costruzione del bozzolo o del ricovero sotterraneo. Nel caso delle crisalidi sotterranee quindi, essendo fragili da appena formate, è bene attendere qualche giorno prima di rimuoverle eventualmente dal substrato, curando però di sistemarle in uno strato di muschio.
Le crisalidi e i bozzoli vanno conservati in modo differente a seconda del tipo e della provenienza geografica. L'importante è che l'adulto uscendo fuori possa trovare facilmente un appiglio su cui fissarsi per distendere le ali, per esempio le pareti della gabbia o un ramo.
Le crisalidi sotterranee possono essere conservate in mezzo a uno strato di muschio preventivamente sterilizzato. I bozzoli attaccati ai rami possono restare così come sono o, qualora fosse stato necessario toglierli dal supporto originario, vanno fissati ad un supporto, ad esempio usando degli spilli infilati attraverso qualche sbavatura della seta più superficiale.
Alcune specie appena sfarfallate si appendono alla base del proprio bozzolo, altre si arrampicano cercando il punto più alto possibile. In ogni caso devono trovare sufficiente spazio sotto di loro per distendere le ali, che penderanno dal torace mentre si distendono, ed è importante che durante questo processo non trovino ostacoli, altrimenti resteranno per sempre deformate.
Per evitare il disseccamento dei bozzoli e delle crisalidi bene nebulizzare con acqua a temperatura ambiente ogni tanto, intensificando la frequenza durante i mesi in cui ci si aspetta lo sfarfallamento. Quest'ultimo avviene in tempi variabili secondo la specie ed il clima.
Le specie che hanno una sola generazione annuale (dette "monovoltine") spesso passano l'inverno allo stadio di crisalide, che quindi dura diversi mesi. Le specie "plurivoltine", ossia con più generazioni, passano in questo stadio solo alcune settimane.

La diapausa: l'importanza di un "periodo freddo" per le specie a diapausa invernale.

E' fondamentale che le specie che in natura affrontano l'inverno in questo stadio vengano conservate per un certo periodo a bassa temperatura durante tale stagione. Spesso infatti può accadere che non sfarfallino mai se non sttoposte a un periodo di freddo: questo può essere garantito tenendo d'inverno le crisalidi all'esterno in ambiente riparato dal sole e dalle intemperie.
Oltre che dall'innalzamento della temperatura, la ripresa dello sviluppo della crisalide e il conseguente sfarfallamento possono essere indotti anche dall'umidità: in vari Saturnidi tropicali il periodo di sfarfallamento coincide con la stagione delle piogge: in questo caso una nebulizzazione abbondante con acqua leggermente tiepida per alcuni giorni può essere determinante

LO SFARFALLAMENTO
Lo sfarfallamento può avvenire in vari momenti della giornata, spesso all'alba o nel pomeriggio, secondo le specie. L'adulto impiega un certo tempo per distendere e irrigidire completamente le ali, quindi è meglio non disturbarlo durante le prime ore.
Come già accennato in un precedente articolo, i Saturnidi allo stadio adulto hanno apparato boccale atrofizzato e quindi non si nutrono. Nella stragrande maggioranza dei casi durante il giorno non sono attivi, spesso restando appesi al supporto dove hanno disteso le ali dopo lo sfarfallamento, fino al crepuscolo o più tardi, quando inizieranno a volare. Alcune specie, come altrove accennato, sono tuttavia diurne.

LA RIPRODUZIONE

Nei Saturnidi il dimorfismo sessuale può essere rappresentato dalla forma delle antenne (sempre bipettinate nei maschi, laddove nelle femmine sono filiformi, dentellate o anche bipettinate ma meno ampiamente chei maschi), dalla forma degli apici alari (ali superiori più falcate nei maschi), talvolta dal colore, e in ogni caso, quando i precedenti caratteri non sono distinguibili tra i due sessi, nelle dimensioni del corpo (addome più massiccio nelle femmine).
l'accoppiamento in cattività richiede pochi accorgimenti dato che non è necessario nutrire gli adulti, nè fornire loro piante nutrici per stimolare l'accoppiamento e la deposizione delle uova.
Le femmine vergini nelle ore di attività estroflettono una ghiandola addominale i cui feromoni, caratteristici della specie, attirano i maschi conspecifici. Spesso esse non volano finchè non si sono accoppiate, anche a causa del pesante carico di uova (già formatesi durante la ninfosi), restando ferme in attesa dell'arrivo di un maschio: se questo non arriva entro le prime notti, allora inizierà a spostarsi e a deporre uova sterili.
L'accoppiamento può avvenire nel pomeriggio, al crepuscolo, durante la notte, o all'alba, secondo le specie, e può durare da poche decine di minuti a parecchie ore: in quest'ultimo caso, molto frequente, è possibile così verificare l'avvenuto accoppiamento trovando gli individui ancora uniti il mattino seguente.
In allevamento le possibilità di riuscita di un accoppiamento dipendono da vari fattori, tra cui le dimensioni della gabbia, la temperatura, l'eventuale parentela tra i riproduttori.
Alcune specie (es. Saturnia pyri) esigono un minimo di ventilazione e rispondono meglio se la gabbia è tenuta in balcone. Ma spesso va bene una stanza, curando che la notte non vi siano fonti di luce forte che possono distrarre i maschi durante i loro voli di ricerca della femmina (non usano gli occhi, ma le antenne per percepire i feromoni emessi dalla femmina).
Le gabbie possono essere costruite facendo l'intelaiatura in legno e le pareti in rete morbida (es. tulle).
L'ampiezza della gabbia potrà dipendere sia dalle dimensioni della specie ospitata, che dalle sue abitudini: quindi per specie in cui i maschi sono forti volatori sono più adatte gabbie grandi rispetto a specie di uguali dimensioni, ma più "pigre". A titolo di esempio, una gabbia di 45 cm di diametro e 60 cm di altezza va bene in molti casi. Specie particolarmente facili da riprodurre, come l'Antheraea pernyi o la Samia ricini, possono accoppiarsi in gabbie di 30 cm di diametro o persino in una scatola da scarpe. D'altra parte, i giganteschi Attacus hanno bisogno di gabbie da 60 cm di diametro o anche più grandi.
Alcune specie sono difficili da riprodurre per esigenze di clima e spazio particolari, altre volte il mancato accoppiamento o la scarsa fertilità delle uova dipende dall'eccessiva consanguineità di maschio e femmina.
In caso di mancato accoppiamento alcuni allevatori ricorrono all'accoppiamento artificiale, o accoppiamento "alla mano", dato che bisogna manipolare i riproduttori per indurli all'accoppiamento.
La tecnica richiede un pò d'esperienza e il successo dipende dalle specie. E' possibile trovare una descrizione dettagliata in alcuni testi specifici, ma in sostanza è simile alla metodica di accoppiamento artificiale usata per le farfalle diurne della famiglia dei Papilionidi.

Deposizione delle uova

Per la deposizione delle uova è sufficiente una qualsiasi scatola che lasci alla femmina un pò di spazio per potersi muovere svolazzando: essa attaccherà le uova sulle pareti, sul fondo, sul tetto, insomma ovunque lei possa aggrapparsi.
La deposizione continuerà per qualche giorno, nel caso di specie notturne avverrà sempre nelle ore serali e durante la notte. Man mano si indeboliranno sempre di più, finchè moriranno. I maschi talvolta hanno ancora abbastanza energie per accoppiarsi di nuovo e fecondare altre femmine.
Le uova possono essere raccolte ritagliando la carta o il tessuto su cui sono state attaccate, oppure staccandole delicatamente; andranno messe in un contenitore in attesa che schiudano. In alcune specie che sfarfallano in autunno l'uovo rappresenta lo stadio svernante e quindi va tenuto a bassa temperatura durante l'inverno. Ciò non vale per le specie tropicali che hanno generazioni pressochè continue.