Saturnidi

SATURNIIDAE

Le falene della famiglia dei Saturnidi comprendono specie caratterizzate da dimensioni spesso ragguardevoli, noinchè un aspetto in molte specie vistoso delle ali: ali posteriori formanti delle “code”, ocelli simulanti occhi minacciosi per scoraggiare i predatori, “lune” e “finestre” fatte da gruppi di squame trasparenti, ecc.
I bruchi dei Saturnidi, altrettanto grandi e spesso vistose, possono avere aspetti molto diversi: in alcuni casi sono provvisti di tubercoli colorati, talora sormontati da corone di piccole spine, in altri sono provvisti di un’intricata armatura di spine (spesso collegate a ghiandole che producono sostanze irritanti) con funzione difensiva, in altri casi ancora presentano processi allungati terminanti simili a corna. I colori possono essere molto appariscenti, e nei bruchi di alcune specie è talora difficile trovare due individui dello stesso identico colore.

I Saturniidae sono falene in gran parte ad attività notturna, non mancano però specie che volano di giorno, particolarmente i maschi, come nel caso della nostra Saturnia pavonia, i cui maschi volano alla ricerca delle femmine già nelle prime ore del pomeriggio.

Allo stadio adulto, cioè allo stadio di farfalla, i Saturniidae non si nutrono: sono infatti caratterizzati dalla forte regressione o, più spesso, atrofia dell’apparato boccale: di conseguenza gli adulti, che sfarfallano già sessualmente maturi, devono sfruttare il poco tempo a disposizione (una settimana in media) per incontrarsi e riprodursi prima che esauriscano le proprie energie: l’incontro tra i due sessi è velocizzato dall’emissione di feromoni da parte delle femmine: questo segnale olfattivo è utilizzato in molti animali ma nelle falene Saturniidae è particolarmente potente: infatti i maschi, che hanno antenne bipettinate particolarmente ricche di sensilli che “riconoscono” il segnale odoroso della femmina della propria specie, possono localizzare le femmine a distanze notevoli, in alcune specie fino a diversi chilometri.

Le femmine sfarfallano già con l’addome rigonfio di uova: appesantite dal prezioso fardello, sono poco attive, soprattutto se non ancora accoppiate: in molti casi restano nei pressi di dove sono sfarfallate, emettendo i propri feromoni in attesa dell’arrivo di un maschio della propria specie.

Durante l’accoppiamento, il maschio “aggancia” saldamente l’estremità dell’addome della femmina con due piccole valve che circondano la zona genitale; la durata è variabile secondo la specie, da poche decine di minuti a oltre 24 ore. Terminato l’accoppiamento la femmina di norma inizia a deporre le uova, il maschio riprende a volare e, se ancora dispone di energie, può andare a fecondare ancora una o più femmine.
Dopo l’accoppiamento la femmina inizia a deporre, attaccando le uova sulle piante nutrici del bruco o su substrati vari; man mano che depone, l’addome si alleggerisce rendendo più facile il volo.

Le uova schiudono in un periodo variabile secondo la specie e la temperatura ambientale, da una a 3 settimane. Fanno eccezione quelle delle specie che svernano allo stadio di uovo: in questo caso infatti le uova sono deposte in autunno e schiudono solo alla primavera successiva.
Al momento della nascita, il bruco in molti casi utilizza come prima fonte di alimento il corion (in sostanza il “guscio”) dell’uovo da cui fuoriesce.

Lo stadio larvale dei Saturnidi attraversa alcune mute, di norma quattro, ma anche un po’ di più in alcune specie (ma vi sono eccezioni). Raggiunta la maturità di sviluppo, dopo alcune settimane o mesi, il bruco si prepara alla ninfosi, cioè si appresta a trasformarsi in crisalide: questo evento è preceduto dalla costruzione di un bozzolo più o meno complesso o semplicemente dall’alloggiamento in una camera sotterranea scavata dal bruco nel terreno.
All’interno del bozzolo o nella sua celletta scavata nel sottosuolo, il bruco si trasforma in crisalide. Questo stadio può durare poche settimane, pochi mesi o addirittura più di un anno, secondo la specie e le condizioni ambientali.

Al momento dello sfarfallamento, l’adulto anzitutto rompe l’involucro della crisalide, e, nel caso in cui è racchiuso in un bozzolo, secerne una sostanza che ne allenta le maglie, cosicché facendo pressione fuoriesce progressivamente.
Le ali dell’adulto appena sfarfallato, solo dei molli abbozzi alari che si espandono e si irrigidiscono: in questa fase l’adulto scelto un appiglio sta fermo per il tempo necessario alla completa espansione delle ali che richiede in media un’ora.